Conoscere le malattie ereditarie
I test genetici possono portare alla luce la predisposizione a determinate malattie. Vogliamo davvero conoscerle? Parliamo dei pro e dei contro dei test genetici.
Anna Gebhard* è la mamma di due bambine in sedia a rotelle. Prima della pubertà, alla figlia maggiore sono stati rilevati problemi grosso motori. Una prima valutazione da parte del reparto di neuropediatria ha portato alla diagnosi di paralisi cerebrale. Ma quando i sintomi si sono aggravati e la sorella minore ha improvvisamente mostrato le stesse anomalie, Anna ha fatto controllare l’intero genoma delle figlie, del marito e suo. Il risultato ha cambiato drasticamente la vita di tutti: entrambe le figlie soffrono di una rara malattia neurodegenerativa ereditaria. Era chiaro che le bambine sarebbero state dipendenti dall’aiuto di Anna per il resto della loro vita.
I sensi di colpa
Per Anna è stato come sprofondare. Solo con il test genetico Anna ha scoperto che sia lei che il marito erano portatori di un difetto genetico che aveva causato la malattia nelle figlie. Una malattia, di cui Anna ignorava l’esistenza. Anna avrebbe rinunciato ad avere figli se avesse saputo del rischio del suo patrimonio genetico? «Onestamente», risponde Anna dopo aver a lungo riflettuto, «se avessi saputo che eravamo entrambi portatori di questa malattia, probabilmente non avrei corso il rischio di mettere al mondo dei figli.» Molti genitori con fattori di rischio ereditari si sentono in colpa se i figli si ammalano di una malattia incurabile. Essendo completamente ignara della mutazione del gene, Anna non si sente in colpa di aver trasmesso la malattia alle figlie. «Non ne sapevo niente.» Però non riesce nemmeno a immaginare come sarebbe stato vivere in attesa che la malattia si manifestasse. Sarebbe stato un peso troppo grande. «A volte, però, mi sembra ingiusto che io sia sana, mi possa muovere e fare qualsiasi cosa come e quando voglio.»
Il networking è un appiglio importante.
Ciò che sostiene Anna nei momenti di sconforto è la rete di contatti con altre persone che vivono la stessa situazione e con i gruppi di auto-aiuto.Dice convinta: «Una rete di collegamenti è tutto. Anche per l’aspetto finanziario.» Difatti, i bambini con malattie croniche hanno bisogno di assistenza giorno e notte. Con un lavoro di accudimento così intenso, è quasi impossibile che entrambi i genitori lavorino. Un anno fa, Anna ha lasciato il suo lavoro di contabile. Il fatto che il lavoro di assistenza da parte dei genitori non sia riconosciuto e remunerato fa infuriare Anna. «I bambini non vogliono essere accuditi da sconosciuti, ma dalla famiglia. Questa però non è riconosciuta per le cure assistenziali e il lavoro di chi si occupa della persona bisognosa non viene compensato. Se mettessimo le nostre figlie in un’istituzione, per esempio in una casa di cura, l’assicurazione si farebbe carico dei costi. È una cosa grottesca.»
Arrendersi non è un’opzione.
Cosa dà forza ad Anna e alla sua famiglia?d «La speranza», dice Anna. «è l’unica cosa che ancora ci resta. All’inizio della diagnosi la speranza era molto grande, perché ci sono numerosi studi per moltissime malattie rare.» Sei anni dopo, però, Anna è disillusa. Tre sperimentazioni molto promettenti non sono state approvate e gli altri studi non sono andati avanti. «Per il fatto che la cura è possibile solo attraverso la modificazione genetica, la speranza è piuttosto ridotta.»Ritiene positivi i risultati dei test genetici per le malattie incurabili solo nella misura in cui danno ai genitori un po’ di tempo in più, ad esempio, per prendere provvedimenti per il periodo della malattia.
* Per proteggere Anna e la sua famiglia, abbiamo usato uno pseudonimo.
Tre domande alla dottoressa Bettina Henzi della neuropediatria presso l’ospedale pediatrico universitario di Basilea Città e Campagna.
Dottoressa Henzi, da un punto di vista medico, quali esami genetici preliminari hanno senso.
Per quanto riguarda i chiarimenti preliminari durante la gravidanza, i regolari esami di gravidanza vanno fatti assolutamente. Inoltre, gli esami genetici hanno senso nel caso di fattori di rischio esistenti. In questi casi, si deve discutere con i genitori cosa fare e quali sono le conseguenze. Nelle verifiche genetiche dopo la nascita, richieste per una predisposizione familiare, non sono consentiti esami su un bambino che non presenta sintomi, a meno che non vi sia una conseguenza terapeutica immediata. A sua volta, dovrebbe essere effettuata una consulenza genetica da parte di un medico o una medica specialista in genetica, durante la quale vengono discussi in dettaglio i benefici e i rischi del test genetico. Nel caso di malattie genetiche note con terapie e strutture di screening consolidate, può essere utile una verifica genetica per la malattia nota.
Tutto il nostro patrimonio genetico è soggetto a un certo tasso di nuove mutazioni. Pertanto, le persone affette da malattie rare spesso non sanno nemmeno di essere portatrici di una malattia ereditaria monogenica. Questa ignoranza è un bene o un male?
Non tutte le malattie ereditarie vengono ereditate allo stesso modo e non tutte le alterazioni del patrimonio genetico causano una malattia. Non è possibile parlare di un bene o un male in termini generali; la risposta varia molto da individuo a individuo. Per alcune malattie genetiche esistono oggi terapie mirate che sono più efficaci se iniziate precocemente. In questi casi una diagnosi tempestiva della malattia è molto importante.
La diagnosi cambia la vita delle persone colpite e dei loro genitori. Di quale forma di sostegno hanno bisogno queste famiglie?
A nostro avviso, la comunicazione aperta e onesta è molto importante al momento di formulare la diagnosi. Fin dall’inizio e anche durante il corso della malattia, deve essere chiaro che i genitori o i singoli genitori non sono in alcun modo colpevoli. In questi casi, un’equipe interdisciplinare presso le cliniche può assistere le famiglie. Riteniamo inoltre che sia utile che le famiglie entrino in contatto tra di loro. Anche se, appunto, le singole malattie sono rare, prese tutte insieme sono più comuni di quanto si possa pensare. Lo scambio reciproco può creare risorse e dare speranza. Contemporaneamente, l’obiettivo dell’equipe di cura è quello di fornire alla famiglia un’assistenza ottimale e di rispondere alle esigenze personali.
Dati personali La dr.med. Bettina Henzi lavora nella neuropediatria dell’UKBB, il centro di competenza universitario per i bambini e gli adolescenti di Basilea.