Emorragia cerebrale e all’improvviso cambia tutto
L’emorragia cerebrale colpisce senza preavviso e sconvolge la vita in pochi secondi. Spesso sono le malattie croniche come l’ipertensione la causa di queste improvvise emorragie nel cervello, che colpiscono soprattutto le persone anziane.
Accade spesso senza alcun preavviso che un piccolo vaso sanguigno nella testa si rompa. Il sangue, che è normalmente fonte di vita, si riversa all’interno della cavità cranica e può causare gravi danni. Ogni anno, solo in Svizzera, da 2000 a 3000 persone sono colpite da emorragia cerebrale. Oltre l’80% di questi casi si verifica all’improvviso. Le persone colpite spesso prima non avvertono alcun dolore e non sono in grado di identificare alcun segnale di allarme. Ma nel giro di pochi secondi la loro vita cambia o, nel peggiore dei casi, finisce.
Cause: l’ipertensione arteriosa come principale fattore di rischio
Le cause di un’emorragia cerebrale sono molteplici. Per esempio, condizioni croniche preesistenti come l’ipertensione o l’arteriosclerosi possono indebolire le pareti dei vasi sanguigni e favorirne la rottura. Il termine emorragia cerebrale comprende diversi quadri clinici. I medici e le mediche distinguono tra diverse forme di emorragia all’interno del cranio.
Emorragia intracerebrale
Emorragia subaracnoidea
Emorragia epidurale
Emorragia subdurale
L’età è uno dei fattori di rischio principali per le emorragie intracerebrali. Secondo lo Swiss Stroke Registry, i pazienti e le pazienti che hanno subito un’emorragia cerebrale hanno in media 72 anni e nel 55% dei casi si tratta di uomini.
Tuttavia, il fattore di rischio più importante per un’emorragia cerebrale è l’ipertensione che dura da anni, spiega il prof. dr. med. Nils Peters, specialista in neurologia e responsabile medico dello Stroke Center della Clinica Hirslanden di Zurigo. Lo stress prolungato che l’ipertensione arteriosa esercita sui piccoli vasi del cervello può indebolirli e renderli vulnerabili. Se la pressione sanguigna aumenta bruscamente, un’arteria indebolita può rompersi e rilasciare del sangue nella cavità cranica.
Per questo è estremamente importante controllare regolarmente la pressione e, se necessario, regolarla con una terapia farmacologica. Anche alcuni medicinali, in particolare gli anticoagulanti, possono influire sulla gravità di un’emorragia cerebrale. Se un’arteria si rompe e il sangue non si coagula in modo normale, l’emorragia può durare più a lungo e diffondersi più rapidamente. «È quindi importante che le persone che assumono anticoagulanti, lo facciano solo se assolutamente necessario, soprattutto se soffrono di pressione alta», continua Peters.
Sintomi: da problemi visivi a segni di paralisi
I sintomi di un’emorragia cerebrale variano a seconda del tipo, della posizione e dell’estensione dell’emorragia. Ma ciò che accomuna tutte le forme di emorragia cerebrale è l’urgenza con cui devono essere trattate. Il neurologo Nils Peters consiglia perciò di contattare immediatamente il pronto soccorso o di recarsi allo Stroke Center o alla Stroke Unit più vicina se si notano uno o più dei seguenti sintomi:
- Attacco improvviso di debolezza o segni di paralisi su un lato del corpo
- Intorpidimento improvviso di un lato del corpo
- Disturbi del linguaggio o della parola
- Problemi di vista come visione doppia, visione offuscata, perdita temporanea della vista in un occhio o perdita del campo visivo da un lato.
- Pupille dilatate
- Vertigini, instabilità nella deambulazione, problemi di equilibrio o coordinazione
- Insorgenza improvvisa di forte mal di testa, eventualmente con nausea e vomito.
- Improvviso cambiamento dello stato di coscienza, da confusione e sonnolenza fino a incoscienza e coma
Intervento: ogni minuto conta
Al pronto soccorso dello Stroke Center, il primo passo è assicurarsi che i segni vitali della persona colpita siano stabili. «A questo segue un rapido esame neurologico per valutare i sintomi e determinare la gravità del problema», spiega Nils Peters. Inoltre, si controlla rapidamente la pressione sanguigna e si determina se c’è anticoagulazione. Segue un esame di imaging del cervello, di solito una tomografia computerizzata, per determinare immediatamente se si tratta effettivamente di un’emorragia cerebrale o piuttosto di un disturbo della circolazione sanguigna nel cervello (ictus ischemico).
«In questo caso, è importante abbassare la pressione il più rapidamente possibile con dei medicinali, per impedire che l’emorragia progredisca», continua Peters. A seconda della localizzazione e dell’estensione dell’emorragia cerebrale, è necessario un intervento chirurgico per ridurre il volume dell’emorragia, che può causare danni secondari al cervello, e se necessario per drenare il liquido cerebrospinale accumulato e ridurre così la pressione intracranica.
Se l’emorragia è superficiale, può essere trattata in modo mini-invasivo. «Ma se l’emorragia si è verificata profondamente nel cervello, la terapia chirurgica spesso non è indicata. Nel complesso, si tratta di decisioni complesse che devono essere prese da diversi specialisti, tenendo conto di numerosi fattori», continua Peters.
La durata della cura dipende poi dalla gravità e dal tipo di intervento. Le pazienti e i pazienti trattati in modo conservativo di solito rimangono nel reparto sotto osservazione per alcuni giorni, dove la pressione sanguigna e altri parametri vitali possono essere monitorati e regolati con precisione. In seguito, vengono trasferiti in reparto e poi spesso in riabilitazione.
La vita dopo un’emorragia cerebrale
Il pericolo, però, ancora non è scampato. Questo perché l’emorragia potrebbe progredire e danneggiare i tessuti o potrebbe verificarsi un’ulteriore emorragia. Il tasso di mortalità nei primi tre mesi dopo un’emorragia cerebrale è quindi molto elevato: supera il 25%. Le prospettive di guarigione e la prognosi dipendono da vari aspetti: la localizzazione e l’estensione dell’emorragia, nonché eventuali malattie di base e l’età del o della paziente.
Per ridurre il più possibile il pericolo e il rischio, l’assistenza medica dopo un’emorragia cerebrale è estremamente importante, come spiega Peters. «Dopo un intervento rapido e professionale subito dopo un’emorragia cerebrale, è di enorme importanza anche la cosiddetta prevenzione secondaria, in cui i medicinali vengono impostati in modo ottimale nei mesi e negli anni successivi, soprattutto per abbassare la pressione sanguigna e ridurre così il rischio di una nuova emorragia.»
Altrettanto importante è la fase di riabilitazione, in cui vengono trattati o guariti i danni mentali e fisici conseguenti, per prepararsi a una vita con possibili conseguenze a lungo termine. In una clinica specializzata, un team di riabilitazione composto da medici, mediche, fisioterapisti, terapiste del linguaggio e ergoterapisti metterà a punto un piano di cura individuale. L’espressione «prima è, meglio è» si applica non solo al trattamento di un’emorragia cerebrale acuta, ma anche alla successiva riabilitazione.
Una parte della riabilitazione si concentra solitamente sulle funzioni fisiche. Ad esempio, possono verificarsi disturbi del movimento, che vengono trattati con metodi di allenamento speciali. Ma un’emorragia cerebrale può anche compromettere il linguaggio, la vista, la memoria e l’attenzione. È qui che interviene la riabilitazione, che cerca di rafforzare nuovamente queste capacità attraverso esercizi mirati. Inoltre, la riabilitazione favorisce l’indipendenza, poiché alcune persone colpite devono imparare da capo attività quotidiane come lavarsi, vestirsi o cucinare.
Un’emorragia cerebrale è senza dubbio una condizione grave. Tuttavia, con una riabilitazione e un’assistenza mirata, un team medico impegnato e il sostegno dei familiari, molti pazienti possono tornare passo dopo passo a una vita autodeterminata.
L’ipertensione come principale fattore di rischio
L’ipertensione arteriosa è una condizione molto diffusa che, se non viene trattata, può portare a gravi conseguenze per la salute, come malattie cardiovascolari, danni ai reni, ictus ed emorragie cerebrali. Fortunatamente esistono molte misure efficaci per prevenire e trattare l’ipertensione.
I fattori di rischio per l’ipertensione sono molteplici e comprendono fattori legati allo stile di vita, come il fumo, una dieta poco equilibrata, scarsa attività fisica e stress. Ma anche l’età, la predisposizione familiare e alcune condizioni preesistenti, come il diabete e i problemi cardiovascolari, aumentano il rischio.
Cambiare stile di vita è la prima cosa da fare, sia nella prevenzione che nel trattamento dell’ipertensione: alimentarsi in modo sano ed equilibrato, fare più movimento, smettere di fumare e ridurre lo stress sono misure fondamentali per abbassare la pressione sanguigna.
In alcuni casi, tuttavia, può essere necessario ricorrere a medicinali che abbassano la pressione, soprattutto se questa rimane elevata nonostante il nuovo stile di vita. Se il rischio è già elevato a causa di malattie preesistenti, è necessario curarle e adottare abitudini che favoriscano la salute. In ogni caso, non trascurate l’ipertensione e chiedete consiglio a uno o una specialista.