Cosa possiamo imparare dai bambini
I bambini sono dei maestri quando si tratta di rigenerazione. Se li lasciate fare, troveranno intuitivamente ciò di cui hanno bisogno per rigenerarsi, anche se spesso ciò non armonizza molto con il mondo degli adulti. Uno studio sul campo durante il lockdown.
Aprile 2020, una primavera che passerà alla storia. Sto imparando a temere un piccolo virus con il bel nome corona e ad abituarmi al contenimento che la Svizzera sta facendo da quattro settimane, che si chiama «lockdown». Sto imparando cos’è il «distanziamento sociale» e le enormi quantità di cibo che servono a una famiglia di quattro persone quando tutti mangiano esclusivamente a casa. Sto imparando che gli attaccapanni sono miracolosamente invisibili ai bambini, per questo le giacche sono sempre sul pavimento subito dopo la porta d’ingresso. Sto imparando anche com’è quando padre, madre e i gemelli di dieci anni vivono insieme 24 ore su 24, sette giorni su sette, lavorano e passano il loro tempo libero. E soprattutto, l’improvvisa vicinanza e questa nuova forma di vita quotidiana insieme, mi costringono a vedere le cose da un’altra angolatura.
Perché i miei figli, e me ne accorgo solo ora che la routine quotidiana si è spezzata, funzionano diversamente da me. All’inizio ciò mi fa imbufalire. Poi vedo la cosa diversamente. Con un po’ di distacco constato che il loro ritmo è meglio del mio sotto molti aspetti. Spesso il mio umore cambia solo perché loro sono come vorrei essere io in fondo. Più riposati, sereni, equilibrati. Meno rigidi e ostinati. Anche più intuitivi, forse anche più anarchici. Se li lascio fare, seguono la loro voce interiore, ancora. Mi chiedo se fosse possibile portare un po’ della loro rilassatezza nel mio mondo adulto, osservando il loro metodo. O seguono semplicemente il loro umore del momento senza riflettere? Inizio ad osservare e cerco prove scientifiche.
La risposta arriva presto. Perché anche nel periodo del coronavirus c’è l’obbligo scolastico, comprese le liste dei compiti, per i quali gli insegnanti hanno preparato montagne di fascicoli e quaderni di lavoro. Per questo abbiamo decretato che la mattina è dedicata all’homeschooling. Incluse le pause, i bambini insistono su questo punto: ogni giorno, puntualmente alle 10:30, i bambini escono nel cortile per scatenarsi. I neuroscienziati approverebbero con il pollice alzato. Infatti il movimento attiva la corteccia motoria, il nostro centro di controllo per la coordinazione nel cervello. Allo stesso tempo, però, la corteccia prefrontale, che è responsabile del pensiero logico e della pianificazione, rallenta il suo funzionamento.
Così il nostro corpo fornisce al cervello esattamente la pausa di cui ha bisogno e in seguito la concentrazione e la capacità di riflessione migliorano.
Il potere della musica
Certi giorni i bambini lasciano da parte le bici e il pallone per dedicarsi alla musica. Mi sorprende quanto spazio occupi nella loro vita. Anche a me piace, ma la mia chitarra da anni è impolverata dietro la porta della camera da letto con due corde rotte. Questa passione quindi non è genetica. Ma il fatto che mia figlia ami suonare il violoncello e che mio figlio indossi le cuffie ha un senso neurofisiologico: entrambi riescono a staccare per poi sentirsi più motivati e riposati.
In effetti trovo numerose ricerche dedicate agli effetti della musica sul nostro cervello. Nel 2006, per esempio, ricercatori della Glasgow Caledonian University, hanno dimostrato che la musica migliora la capacità di concentrazione, a condizione di ascoltare la propria musica preferita. Suonare uno strumento non è necessario: dalla risonanza magnetica è emerso che l’effetto sul cervello era simile; probabilmente le persone sottoposte al test canticchiavano la melodia nella loro mente. Inoltre, la musica stimola il cervello a rilasciare grandi quantità della sostanza messaggera dopamina, che è considerata anche un ormone della felicità, con conseguente sensazione di benessere, voglia di fare e rigenerazione.
Pause e buona compagnia
Le pause sono fondamentali. I bambini di dieci anni devono svolgere un lavoro concentrato solo in blocchi di 20 minuti, spiega un foglio informativo della scuola. Quante volte ho ripetuto: «non bisogna gettare subito la spugna, ma perseverare», quando la motivazione diminuisce? Le conseguenze sono blocchi matematici totali, blackout di ortografia, errori di distrazione. La mia ricerca mostra che le cose non sono molto diverse per gli adulti. Anche se resistiamo più a lungo, dopo 70-80 minuti di attività altamente concentrata il corpo passa automaticamente alla modalità di recupero per circa 20 minuti.
Brevi pause proattive sono quindi più che utili per riprendersi, soprattutto se si stabilisce da soli la loro tempistica. E se si possono trascorrere queste pause in buona compagnia, è ancora meglio.
Gli amici sono una toccasana
Quanto siano preziosi i veri contatti interpersonali, lo sperimentiamo dolorosamente in queste settimane di lontananza sociale. Insieme a due famiglie del vicinato, formiamo in questo periodo una comunità per affrontare lo stesso destino, per poterci dare una mano l’un l’altro nell’homeoffice e l’assistenza ai bambini. I bambini cercano la compagnia, io sono alla ricerca di studi, e trovo molto interessanti le scoperte su quanto siano rilassanti i contatti interpersonali positivi per noi. Quando ci circondiamo di persone che ci piacciono e che ci fanno bene, è come una vacanza per la mente e per l’anima: i sistemi cerebrali che normalmente ci fanno andare avanti, si mettono a riposo. Lasciamo perdere i piani e ci limitiamo a vivere il momento, a chiacchierare, a ridere, senza obiettivi e pianificazione.
Restare rilassati
Ovviamente, non è sempre tutto rose e fiori, quando sei bambini tra i cinque e i dieci anni devono stare insieme ogni giorno. I conflitti, anche se stranamente rari, a volte possono essere intensi. A volte capita anche a mio figlio: è arrabbiato, scoppia addirittura in lacrime, e temo che ne abbia davvero abbastanza dei suoi due amici. Ma il giorno dopo, quando gli chiedo se va tutto bene, mi guarda con aria perplessa come se non fosse successo niente.
Temo che sia una caratteristica degli adulti ripensare alle discordie per giorni. Questo ci ruba energia e preziose fasi di recupero. Gli studi dimostrano che la rabbia che accumuliamo in noi stessi aumenta il nostro rischio cardiovascolare. Uno studio dell’Università di Stanford in California ha persino dimostrato che i partecipanti di un corso che avevano appreso a perdonare erano più sani e meno tesi e ancora più in forma e più ottimisti anche mesi dopo.
Vivere il momento
Mentre gli appuntamenti, le scadenze e le liste delle cose da fare scandiscono la mia giornata, i membri più giovani della famiglia la vivono con leggerezza, senza obiettivi da seguire. Nelle ultime settimane abbiamo trascorso la maggior parte dei pomeriggi nel bosco, per dare sollievo ai vicini e maggiore libertà ai bambini. Già per arrivarci, ci serviva metà del pomeriggio. Strada facendo cercavamo bastoni, scorciatoie e superavamo ostacoli. Nel bosco abbiamo costruito lance, capanne e preparato pozioni magiche. Perché? «Semplicemente perché ne avevamo voglia».
Gli adulti la chiamano presa di coscienza e trovano qualcosa di simile in un hobby o nella meditazione: essere assorti in un’attività, senza chiedersi il perché e vivere l’attimo. L’effetto è misurabile: nella corteccia cingolata anteriore, un’area del cervello dietro la fronte, si trova il centro di controllo della nostra attenzione e del nostro comportamento. Quest’area è particolarmente attiva per le persone che meditano molto e esercitano la consapevolezza, e hanno un rendimento particolarmente buono in termini di concentrazione. Inoltre, l’amigdala, il luogo dove si trova il centro della paura, si restringe se ci immergiamo regolarmente in un compito.
L’ippocampo, responsabile delle nostre funzioni di memoria, invece sembra svilupparsi. Così la prossima volta che mi affretto ad affrontare la giornata in modo molto mirato e sono già tre passi avanti con i miei pensieri ascolterò i mie figli quando mi dicono: «resta scialla mamma!». In altre parole devo restare calma. Ora l’ho capito anch’io.
Rigenerarsi: sei piccoli passi per riprendersi
- L’esercizio fisico contribuisce attivamente al recupero e fornisce l’ambiente ideale per una pausa di riflessione.
- La musica rende felici ed equilibrati, non importa che ascoltiate la vostra band preferita o che suoniate uno strumento. O che cantiate.
- Concedetevi pause consapevoli dopo al massimo 80 minuti di lavoro concentrato. Queste aumentano la capacità di concentrazione.
- Le persone positive fanno bene. Ci permettono di dimenticare la lista delle cose da fare e goderci il momento.
- Fanno allontanare le emozioni negative e combattendo i pensieri negativi riusciamo a rigenerarci meglio.
- Essere consapevoli di se stessi funziona anche senza meditazione. Percepire consapevolmente i piccoli momenti e fermarsi di tanto in tanto, anche solo per uno sguardo fuori dalla finestra, sono delle mini isole di rigenerazione nella vita quotidiana.