Sprechstunde mit dem Roboter

Chatbots sind zwar noch jung, mittlerweile aber breit im Einsatz. Können sie uns auch helfen, ein gesundes Leben zu führen – und irgendwann vielleicht sogar Ärztinnen und Therapeuten ersetzen?

Testo: Paul Drzimalla

Immagini: Sanitas

2 min

11.03.2024

«Come posso esserle utile?» È così che iniziano molte conversazioni. Sempre più spesso questa domanda non viene però più posta da una persona, bensì da una macchina. Questi aiutanti con cui, secondo un recente studio, hanno dialogato già il 63 percento degli Svizzeri, si chiamano chatbot. Ci danno il benvenuto sui siti web, nelle app o nei social – ovunque interagiamo con il mondo digitale. Gli shop online ne fanno uso già da tempo, come anche le destinazioni viaggi, le assicurazioni e le amministrazioni pubbliche. E nell’anno del coronavirus tutto il mondo ha parlato di un chatbot di nome Replika, con cui le persone isolate potevano instaurare un rapporto romantico.

Il chatbot come medico, allenatore e fonte di conoscenza

Anche in ambito sanitario vi sono molte possibilità d’impiego per i chatbot. Possono, fino a un certo punto, sostituire il dialogo con il terapista o il medico. Utilizzando un dialogo strutturato, si pongono domande standard, simili a quelle poste in un consulto. In qualità di coach della salute, un chatbot può ad esempio aiutare in caso di domande sull’alimentazione e sulle abitudini del sonno o su come gestire una malattia appena diagnosticata. Può fare ciò che facciamo anche noi quando parliamo tra di noi: trasmettere sapere. Molti oggi s’informano sui temi della salute in Internet. In viaggio, sul posto di lavoro o la sera sul divano. Ed è questo il grande vantaggio dei chatbot: la loro disponibilità. Lo studio medico del dott. Chatbot è sempre aperto. E come se non bastasse, l’aiutante digitale sbriga anche i compiti amministrativi. Per un chatbot registrare le domande di noiosi formulari è un gioco da ragazzi.

La forma più semplice prevede un dialogo basato su un algoritmo che sceglie da una lista di risposte preconfezionate quella che più si addice alla domanda dell’utente. Quando il chatbot non sa più cosa fare, può passare il dialogo a una persona in carne e ossa. I chatbot basati sull’intelligenza artificiale (IA) vanno oltre. Analizzano il testo digitato e forniscono risposte proprie in base ai dati raccolti. Con il tempo questo tipo di chatbot «impara» a rispondere in modo sempre più mirato all’interlocutore diventando così più «sensibile». Un esempio è l’app Replika menzionata poc’anzi. A proposito di dialogo: la maggior parte dei chatbot oggi è basata su testo, ma esistono anche varianti basate sulla voce. In fondo Siri, Alexa e simili sono anche dei chatbot.

I chatbot nella ricerca

Proprio come i chatbot, anche la ricerca sui loro vantaggi in ambito sanitario non è ancora molto avanzata. Un team del Politecnico federale di Zurigo e dell’Università di San Gallo ha pertanto sviluppato MobileCoach, una piattaforma open source che può essere utilizzata da imprese e ricercatori di tutto il mondo per lo sviluppo di propri chatbot. «Nella ricerca, la replicabilità è estremamente importante», spiega il dr. Tobias Kowatsch che ha iniziato e partecipato allo sviluppo di MobileCoach. "Chiunque può capire come funziona la piattaforma".

Anche MobileCoach è basato su regole, ma può memorizzare le interazioni precedenti e accedere ai dati dei sensori dagli smartwatch, ecc. Affinché i chatbot possano affermarsi in medicina, secondo Kowatsch serve ancora più ricerca. «Una volta disponibili dati affidabili sull’efficacia, l’accettazione aumenterà sia tra gli utenti che tra il personale sanitario.»

Chi fa uso di MobileCoach è Sandra Hauser-Ulrich, ricercatrice presso la scuola universitaria professionale di scienze applicate di Zurigo ZHAW in ambito di applicazioni sanitarie digitali nel coaching. Nel quadro di uno studio ha impiegato un chatbot per persone con dolori cronici. Gli esiti sono stati sorprendenti:  "Pur sapendo di comunicare con una macchina, i partecipanti hanno instaurato un rapporto".

Tuttavia, ci sono dei limiti: «Un chatbot basato su regole non può reagire a pensieri spontanei. Ecco perché non potrà mai sostituire una vera terapia con un essere umano.» I chatbot IA invece non sono ancora in grado di portare avanti un dialogo prolungato. Il linguaggio umano è troppo variegato, con la sua quantità sterminata di  termini e modi di dire. «L’IA fallisce sul parlato», spiega Hauser-Ulrich. Chi vuole farsi una chiacchierata con il dottore dovrà per forza recarsi presso lo studio medico. Almeno per il momento. 

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